Mi dispiace comunicare che l'incontro programmato per giovedì 23 aprile con il D.S. Salvatore Giuliano è annullato per sopraggiunti gravi motivi personali dello stesso.
Nel contempo ho il piacere di rilevare che il collega Giuliano ha dichiarato la sua disponibilità a programmare a breve un incontro a Salerno sul tema della innovazione della didattica con l'uso delle tecnologie.
A presto
Carmela Bove
Signor presidente del Consiglio,
si trovano in questi giorni davanti ai due rami del Parlamento due distinti disegni di legge, che in un modo o nell’altro vanno ad incidere sullo status dei dirigenti delle scuole, secondo logiche diverse e in parte fra loro contraddittorie.
Il ddl Ac 2994, sulla buona scuola, investe molto sul lavoro e l’impegno dei dirigenti delle scuole per portare a compimento gli obiettivi di riforma. Affermazioni molto impegnative in tal senso sono contenute in più passaggi del disegno di legge, a cominciare dall’articolo 2, dall’art. 7,dall’art. 11. Ma il punto culminante si individua nell’art. 21 comma 2 lettera f), dove, nell’enunciare le distinte funzioni di governance della futura scuola, al dirigente – e solo a lui – viene assegnata la piena responsabilità della gestione di tutte le risorse. A cominciare, come viene ripetutamente chiarito in altri passaggi, da quelle umane e professionali.
Il ddl As 1577 – sul riordino generale delle Pubbliche Amministrazioni – all’art. 10 esclude seccamente la dirigenza scolastica dal costituendo ruolo unico della dirigenza statale, senza assegnarle alcuna altra collocazione nell’ambito della dirigenza pubblica. Tale esclusione mal si comprende, dato che tutte le funzioni ordinariamente svolte dagli altri dirigenti pubblici di livello pari (ed anche, in qualche caso, superiore) sono svolte anche dai dirigenti delle scuole; mentre alcune delle funzioni che questi ultimi svolgono non vengono esercitate se non dai dirigenti generali degli altri uffici (si pensi alla rappresentanza legale di ciascuna amministrazione autonoma, alla titolarità delle relazioni sindacali, all’onere di stare in giudizio ed a molte altre).
Dunque, una dirigenza “intera” quanto a compiti e responsabilità (ed anche più che intera quanto alle funzioni effettivamente svolte), viene esclusa dal ruolo unico: ciò che comporta il forte rischio della perdita degli strumenti necessari per svolgere i propri compiti. Tanto più che a questa esclusione non si accompagna l’individuazione di una destinazione diversa, di livello almeno corrispondente. Non si tratta solo di una questione di prestigio, né di pregiudizio delle tutele giuridiche e contrattuali, ma – come si è detto – di un vulnus alla capacità di agire efficacemente nello svolgimento delle proprie funzioni.
E’ concepibile un dirigente pienamente investito delle funzioni di gestione che non sia al tempo stesso un dirigente senza altri aggettivi ed inserito di pieno diritto nel contenitore giuridico destinato ad ospitare tutti gli altri dirigenti pubblici? Noi crediamo di no: e come organizzazione la più rappresentativa della categoria ci permettiamo di attirare la Sua attenzione su questo singolare strabismo nella produzione normativa in via di approvazione.
Un’eventuale condizione di “dirigenza speciale” non risolverebbe il punto principale e non ci rassicura neppure come categoria; sono quindici anni e tre rinnovi contrattuali che ci troviamo appunto in una tale condizione, che regolarmente diviene la premessa perché la “specificità” si traduca in concreto in inferiorità, retributiva ma non solo. Noi siamo investiti di
responsabilità più numerose e gravi di molti dei nostri colleghi, ma la collocazione in un’area a parte diventa strumento di emarginazione.
La Buona Scuola promette di aumentare i nostri “poteri”, cioè in concreto i nostri doveri e le nostre responsabilità: siamo pronti a farvi fronte e non ci tireremo indietro, come non abbiamo mai fatto in passato. Ma non possiamo accettare che ad un incremento degli impegni di lavoro, che sono già molto superiori a quelli dei nostri colleghi dirigenti di altre amministrazioni, si accompagni il protrarsi di una emarginazione giuridica rispetto a loro: rafforzata anzi dall’esclusione dal ruolo unico in cui tutti gli altri confluiscono.
Ci rivolgiamo a lei, signor presidente, in quanto garante della coerenza dell’indirizzo politico del Governo, affinché provveda a ricondurre ad una logica unitaria i due provvedimenti citati. Ciò che può essere molto facilmente garantito eliminando l’inciso contenuto nell’art. 10 del ddl As 1577 (“esclusa la dirigenza scolastica”).
Nel confidare in un suo sollecito quanto determinante intervento in tal senso, ci è gradito formulare i migliori auguri di buon lavoro e di rapido completamento del processo riformatore in corso.
Nei giorni scorsi, si è consumato un fatto, che non esitiamo a definire kafkiano: una Sezione consultiva del Consiglio di Stato ha emesso un parere, a seguito di un ricorso straordinario al Presidente dellaRepubblica, che rischia di mettere in serio pericolo gli esiti della procedura concorsuale attivata – quattro anni or sono – per la selezione di 224 nuovi dirigenti scolastici in Regione Campania, che ha avuto appunto inizio nel lontano 2011.
Il parere, che – come ben sappiamo – ha natura vincolante per l’Amministrazione competente nella definizione della procedura conseguente, non è discutibile nel merito, dato che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non prevede un appello, ma pur sempre qualche pacata riflessione ci suggerisce.
Il Giudice di quella Sezione consultiva del massimo organo della Giustizia amministrativa del nostro Paese è intervenuto, con il suo stringato parere, su di una materia, che era stata già oggetto di giudizio da parte del Tar Campania e dello stesso Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Come si dice, quindi, in termini tecnici corretti, il parere interviene su di un giudicato, che – nel merito – configura uno scenario profondamente diverso da quello prospettato dagli esiti della pronuncia ultima del C.d.S. Infatti, sia il Tar, sia il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, hanno rigettato – con ben altra dovizia di argomentazioni – tutti i motivi di impugnazione, avanzati dai ricorrenti, per cui, a seguito della pronuncia definitiva, emessa nella scorsa estate, l’Ufficio Scolastico Regionale della Campania ha pubblicato la graduatoria e si sarebbe apprestato, nelle prossime settimane, ad allestire le operazioni necessarie per immettere in ruolo il primo contingente di 101 neo-dirigenti, già deliberato l’anno scorso dai Ministeri dell’Economia e dell’Istruzione.
Ora, quel parere della Sezione consultiva del C.d.S. rimette, tragicamente, tutto in discussione, anche se di per sé – sia di fatto, sia in punta di diritto – esso non decreta affatto l’annullamento della procedura concorsuale in esame, visto che la decisione ultima spetta al Presidente della Repubblica, che dovrà redigere il decreto conseguente.
È evidente che la situazione, venutasi a creare, è paradossale, sia in termini giuridici, che di gestione del complesso sistema scolastico nella nostra regione. Infatti, per quanto attiene al primo profilo, è ovvio che la comunità di giuristi, che ha preso in esame le vicende campane, non può non discutere intorno ad una novità assoluta, dato che i ricorrenti, molto maliziosamente, avrebbero usato la strada del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica come surrettizio terzo livello di Giustizia Amministrativa, che sappiamo bene non esiste nella nostra giurisdizione, perché il processo amministrativo termina con la pronuncia giurisdizionale di secondo grado del C.d.S, che – in tal caso – ha dato ampiamente ragione ai vincitori del concorso, i quali hanno dimostrato in modo lucidissimo – grazie all’operato dei loro brillanti legali, Annunziata, Paolino e Lamberti – il fondamento giuridico delle proprie giuste e legittime aspirazioni all’assunzione nei ruoli della dirigenza scolastica. Inoltre, irragionevole è la condizione, che si creerà dal prossimo 1 settembre, quando più di duecento scuole campane si verranno a trovare prive di una dirigenza, visto che il blocco del concorso determinerà, ineluttabilmente, la proroga del regime odierno delle reggenze, che ci sembra non adeguato al governo di istituzioni complesse, come le autonomie scolastiche, tanto più in un momento importante, come quello attuale, nel quale sarà, a breve, approvato dalle Camere – ed entrerà, dunque, in vigore – il disegno di legge sulla Buona Scuola, che – considerate le nuove competenze attribuite ai dirigenti scolastici – inevitabilmente richiede che ci sia un dirigente, di titolarità sulla sede, per ogni scuola.
Non vogliamo entrare nel merito delle prossime azioni legali, che i vincitori di concorso intendono, assai giustamente, mettere in essere per la tutela di un diritto acquisito con studio, lavoro, abnegazione, sacrificio, che – altrimenti – potrebbe sfumare per una pronuncia invero opinabile, emessa a seguito di un ricorso straordinario, che avrebbe dovuto, molto probabilmente, essere giudicato inammissibile per la presenza contestuale – ormai, già da diversi mesi – di un giudicato consolidato.
Pertanto, non possiamo non auspicare che il potere politico – sia quello regionale, ma soprattutto quello nazionale, ai più alti vertici parlamentari e dell’Aministrazione centrale del Miur – intenda prendere a cuore l’intera vicenda – come, già, ha iniziato a fare in queste ore – allo scopo di tutelare interessi legittimi e diritti soggettivi, che sono stati oggetto di irrevocabili sentenze da parte dei Giudici, naturalmente, competenti.
Soltanto, così, infatti, favorendo la nomina in ruolo di coloro che figurano nella graduatoria definitiva, pubblicata dall’Ufficio Scolastico Regionale della Campania in data 18 dicembre 2014, si può evitare un grave nocumento per la Scuola pubblica campana e per i vincitori di concorso, che si sono cimentati in una procedura concorsuale, universalmente, riconosciuta come complessa ed articolata, viste le materie numerose – dal diritto pubblico a quello privato, dalla contabilità alle scienze umane, dalla legislazione scolastica europea a quella nazionale – che hanno rappresentato l’oggetto della prova preselettiva, dei due scritti e dell’orale, celebratisi in un arco di tempo quasi triennale, dall’ottobre del 2011 al febbraio del 2014.
Siamo certi che, nella difesa dell’interesse pubblico e dei principi di efficacia ed efficienza dell’azione della Pubblica Amministrazione, sanciti solennemente dalla Costituzione, i livelli politici ed amministrativi competenti sapranno individuare il migliore iter per far uscire, finalmente, la Scuola campana da un clamoroso cul de sac, che configurerebbe – diversamente – un fallimento eclatante per il nostro Stato, il terzo in ordine temporale dopo quelli, purtroppo, già sanciti per effetto dell’annullamento – decretato, invece, per via giurisdizionale – dell’analogo concorso in Lombardia ed in Toscana.
Rosario Pesce
Un affettuoso augurio di buona pasqua !!!!
I vincitori del concorso pubblico per il reclutamento di dirigenti scolastici per la Regione Campania (di cui all'avviso pubblicato sulla G.U. del 15 luglio 2011) esprimono vivo sconcerto per il parere inopinatamente reso dal Consiglio di Stato, in sede consultiva, in ordine alla regolarità della procedura concorsuale in questione.
Tutte le sentenze emesse dai Tar e dallo stesso Consiglio di Stato (in sede giurisdizionale) sul concorso hanno a più riprese affermato come fosse perfettamente regolare la composizione della Commissione giudicatrice e come la procedura non meritasse alcuna censura.
Tra i vari motivi di ricorso respinti, erano valutate le posizioni della dott.ssa Buonaiuto e del dott. Marcucci (commissari la cui nomina era gia' precedentemente stata contestata) e si era sempre concluso nel senso della piena legittimità della loro nomina.
Nelle plurime pronunce, con articolate , analitiche ed ampie motivazioni, si offriva una interpretazione del quadro normativo chiara e cristallina, e tutti i candidati (di allora) ed i vincitori (di oggi) venivano assicurati che nessuna violazione fosse stata commessa.
Ebbene, di punto in bianco, lo stesso Consiglio di Stato rende noto in questi giorni un parere che lascia basiti. Con poche righe i componenti della sezione consultiva (dott. Malinconico Sabato e Paolo De Ioanna) sovvertono tutte le affermazioni operate da tutti i colleghi giudici amministrativi dei TAR e delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato fino ad oggi pronunciatisi sul tema.
Stavolta non vi è alcuna motivazione, alcun approfondimento, alcuna delibazione del quadro normativo.
Nulla di nulla.
Con affermazione lapidaria , criptica e superficiale , si ritiene - in quattro righe circa - che la nomina dei predetti commissari sia viziata.
Non si dà conto di alcuna norma. Non si dà conto di alcun precedente. Non
ci si confronta in alcun modo con le ricostruzioni interpretative fatte proprie - in modo unanime - dai TAR e dai "colleghi della porta accanto".
Si ritiene di poter annullare il concorso in poche battute. E così si mortificano - prima che le ragioni dei controinteressati - le ragioni di uno stato di diritto. Siamo sgomenti.